We're flying just like Lindy did!
Perché “Lindy Hop”?
“The lindy hop…we’re flying just like Lindy did!”. Giusto Shorty, stiamo volando –ancora- come ha fatto Lindy! Bene, forse conoscete già l’argomento, oppure ne siete totalmente all'oscuro, soprattutto se avete deciso di avvicinarvi al lindy hop solo di recente: per questo, immaginiamo che potreste voler sapere qualcosina in più sull’origine del nome di questa vostra nuova -ma “vecchia”- passione, attorno alla quale gravitano varie e simili versioni, parimenti accettate.
Ogni volta che parliamo di swing facciamo un tuffo nel passato, nella storia anteriore che, con fare tutt’altro che scontato, ci ha tramandato una danza, una cultura, un fenomeno sociale, e tante curiosità che oggi possiamo fare nostri e che rendono ancor più interessante il lindy hop e tutto il mondo che lo circonda. Ecco perché quello che state facendo non è solo un ballo, ecco perché può essere coinvolgente conoscerne i dettagli, grazie alle impronte che ha lasciato in giro (nelle ballroom e non).
LINDBERGH, SHORTY E L'"HOP". Ora spostate indietro le lancette dell’orologio, sino al 2 maggio 1927: sono le 7:52 del mattino, e l’aviatore Charles Augustus Lindbergh decolla dai pressi di New York, sorvolando l’Atlantico intero. Un’impresa: quell’americano aveva raggiunto Parigi in trentatré ore e mezzo, in solitaria, attraverso una tempesta. “Lindbergh hops off for Paris” recitava il Baltimore News, mentre per altre testate giornalistiche il nome di Charles veniva abbreviato con “Lindy”: pratico e d’effetto per restringere in una manciata di battute la notizia.
Lo stesso anno, troviamo “Shorty” George Snowden ballare il breakaway (molto in voga all'epoca) durante una maratona di danza a New York; qualcuno sostiene che il contest fosse al Central Park, durante quella che sarebbe poi divenuta la competizione conosciuta come “Harvest Moon Ball”, altri che stesse gareggiando al Manhattan Casino. Sta di fatto che questo ballerino inarrestabile rimase in gara tra le ultime competitive coppie della maratona: i suoi piedi si scatenarono in una gara scattante, attirando l’attenzione della stampa. Fu allora che gli si avvicinò un reporter (probabilmente della Fox Movietone News), rapito dalla sua frenesia, a chiedere cosa stesse mai ballando. L'inarrestabile Shorty, continuando a danzare rispose: “…the lindy hop! We’re fliyng just like Lindy did!”. Et voilà.
Chi era Shorty? Uno dei ballerini top del Savoy. Sissignore. Classe 1904, padroneggiò il dance floor fino agli anni ’30; aveva anche una sua crew, gli Shorty Snowden Dancers, ed una partner, Big Bea, alta quasi il doppio di lui. Come suggerisce il suo soprannome, Shorty non si ergeva certo per la sua statura, ma per l'abilità nel ballo ed il suo pionierismo, tant’è che un famosissimo step di lindy hop porta il suo nome (e molti di voi hanno già capito a quale stiamo alludendo).
MITO O VERITÁ? Secondo alcune teorie, e non a torto, il fatto che Shorty potrebbe non essere stato il primo a nominare quel ballo, che tanto stava “prendendo piede” in quel periodo, può essere discutibile; d’altronde, i media avevano pubblicizzato in maniera ridondante l’impresa di “Lindy”, e quel soprannome non era nuovo alle orecchie degli americani.
Nondimeno, il lindy hop non era nato l’altro ieri, bensì si spargeva come il talco sulle piste da ballo, arricchendosi di stili e nuovi passi, affondando le sue radici nella strada, nel charleston, nel black bottom, nel cakewalk, e divertendosi su un jazz nipote del blues del sud, per esempio, o del ragtime. Sullo sfondo, tutta una tradizione di danze africane, salpate dal continente nero e giunte in America con la deportazione degli schiavi. Faceva venire la febbre, il lindy hop, una febbre da ballo, e tutti se l’andavano a prendere al Savoy Ballroom di Harlem, che presto avrebbe ospitato musicisti, cantanti e ballerini (Frankie Manning in testa) che da quella eccitazione non sarebbero mai più guariti.
Ecco le origini di questo battesimo. Accettate anche piccoli dubbi e dettagli, cari lettori, particolari che non cambierebbero trama e intreccio del nostro racconto; d’altro canto, si tratta di un dono del tempo, tramandato e insegnanto nelle epoche, come lo swing stesso, con tutto il suo bagaglio culturale e sociale, la sua mole di vita. Vale la pena, allora, invaghirsi per un attimo anche di qualche piccola sfumatura che da’ un tocco di colore in più al folklore del lindy hop.
Samanta (Fosca)
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